Le aziende, nei settori abbigliamento, calzature, accessori e beni di consumo, sono costantemente impegnate a contendersi la capacità di acquisto dei consumatori e, in tutto ciò, i fast fashion retailer stanno guadagnando la vetta della classifica. Una ricerca condotta dalla Stanford University dimostra che il modello di business adottato dai leader del fast fashion è fino a quattro volte più redditizio rispetto all’alternativa adottata da grandi magazzini, grossisti, marchi di articoli sportivi e persino rivenditori specializzati[1].
Per quale motivo? Perché in un mondo nel quale quasi tutti i settori consumer stanno adottando un modello on-demand, i fast fashion retailer vanno oltre le aspettative dei clienti, offrendo prodotti di qualità a un ritmo frenetico e bilanciando rischio e reattività in modo tale da consentire ai retailer e alle loro supply chain di essere in grado di rispondere al cambiamento.
Combattuti fra lead time troppo brevi da una parte e tendenze modaiole dall’altra, i retailer tradizionali sono al limite della resistenza. E, in mancanza di un drastico cambiamento culturale, gli unici strumenti di cui dispongono sono rappresentati da forti sconti che, però, abituano i clienti ad attendere i saldi e le svendite e rischiano di portare a una perdita di valore del brand.
Ed è questo è il motivo per cui non si fa che parlare di time-to-market. I retailer tradizionali guardano al fast fashion con invidia e hanno la consapevolezza del fatto che solo muovendosi più rapidamente possono restare al passo con i clienti. Tuttavia, per quanto sia importante, la velocità rappresenta solo una parte del puzzle.
Per comprendere a fondo il segreto del successo del fast fashion occorre rifarsi al concetto di “clockspeed”, un termine coniato 20 anni fa dal MIT per descrivere le differenze di passo tra i vari settori[2]. Ad esempio, il clockspeed del settore aerospaziale, dalle dinamiche di mercato all’organizzazione interna, si misura in anni mentre per quello della moda tradizionale si parla di mesi.
I leader del fast fashion invece lavorano in termini di settimane, con un clockspeed sincronizzato al ritmo sempre più incalzante della moda stessa. Più che limitarsi a ridurre i lead time, queste aziende adottano un modello di business completamente incentrato sull’agilità. Analizzano le nuove tendenze del mercato e definiscono cicli di design e supply chain che li mettono nella condizione di poter rispondere tempestivamente.
Sebbene il risultato più evidente sia la capacità di tradurre, in modo più rapido rispetto più alla concorrenza, queste tendenze in disponibilità di prodotti a scaffale, questo clockspeed offre anche un’altra serie di vantaggi. Benché il mercato sia diventato sempre più variabile, i retailer tradizionali continuano a puntare su un assortimento definito con quasi un anno di anticipo, mentre i leader del fast fashion diluiscono il rischio attraverso la varietà e la capacità di rifornimento rapido. Quando poi sbagliano, lo fanno molto in fretta; i maggiori retailer sono in grado di reagire in tempo reale, sia ai crolli che ai picchi di vendita, e sfruttano le proprie caratteristiche intrinseche di intelligence e agilità per adattare la produzione in corso di stagione.
La lezione che dobbiamo imparare dal fast fashion è qualcosa di più della semplice velocità. Sia che si vendano pochi modelli selezionati o che ci si trovi in presenza di un flusso costante e indipendente dalla stagione, l’agilità rappresenta un fattore essenziale per allinearsi al clockspeed della moda di oggi, che non accenna a rallentare.
Tuttavia, quando si parla di agilità le normali prassi per migliorare l’efficienza risultano del tutto inadeguate. Esiste un limite alla velocità con la quale anche le supply chain più organizzate possono creare prototipi o fabbricare e fornire i prodotti. Se la velocità di alcuni dei maggiori fast fashion retailer, derivante dalla stretta collaborazione con i propri siti produttivi, permette cicli di produzione completi in un arco di sette giorni più due giorni per la logistica, il vantaggio sui lead time della concorrenza ammonta a vari mesi, e non si limita ai 9 giorni.
Nella maggior parte dei casi, il segreto del successo di questi retailer risiede nella mentalità, ovvero nella volontà di cambiare rapidamente, di condividere i rischi con i fornitori e di adottare soluzioni innovative. L’espressione “Speed-to-market” è di grande effetto, ma nel mercato di oggi, la vera retail transformation richiede di fare scelte intelligenti e di trarre il massimo vantaggio dalla tecnologia giusta, per poter competere a livello di processi e di cultura.
Non perdetevi la seconda parte di questa serie di articoli nei quali verranno illustrati i vantaggi di un sistema PLM pensato espressamente per il clockspeed del fast fashion. Leggete il prossimo blog dove verrà definito il concetto di retail transformation nei settori della moda e dei prodotti di largo consumo. Scoprite le diverse strategie e le storie di oltre 190 brand e retailer che sono riusciti a raggiungere i propri obiettivi attraverso le best practice e la tecnologia innovativa.
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[1] https://sourcingjournalonline.com/zara-gap-retail-denial-thorbeck/
[2] https://dspace.mit.edu/bitstream/handle/1721.1/2614/SWP-3893-36119547.pdf?sequence=1